Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha recentemente pubblicato la Circolare n. 9 con la quale sono stati forniti i chiarimenti interpretativi sulla disciplina dei contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, alla luce delle modifiche legislative introdotte nel nostro ordinamento normativo dal Decreto Legge n. 48/23, cd. “Decreto Lavoro”.
Il Ministero ha evidenziato che il citato Decreto Lavoro non è intervenuto sul limite di durata massimo di rapporti a tempo determinato che possono intercorrere tra lo stesso datore di lavoro ed il medesimo lavoratore. Tale limite, quindi, rimane fissato in 24 mesi complessivi, fatte salve le diverse previsioni contenute nei CCNL di settore e, in alternativa, la possibilità di ulteriore stipula di contratto a tempo determinato, della durata di 12 mesi, presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro.
La circolare in trattazione, invece, si concentra molto sulla corretta interpretazione di quella che, certamente, è stata la modifica più innovativa apportata dal Decreto Lavoro in materia di contratti a termine, ovvero le causali del contratto da applicare una volta terminati i primi 12 mesi a tempo determinato.
Di seguito si riportano le causali attualmente vigenti ai sensi del art. 24 DL Lavoro:
- sostituzione di altri lavoratori;
- nei casi previsti dai CCNL;
- in assenza delle previsioni nel CCNL, nei contratti collettivi applicati in azienda e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuata dalle parti;
Su quest’ultima causale il Ministero ha fornito importanti chiarimenti, specialmente in riferimento alle esigenze tecniche, organizzative e produttive aziendali, chiarendo che tale possibilità, in assenza di specifiche previsioni contenute nel CCNL applicato, è concessa solo temporaneamente sino alla data del 30 aprile 2024, consentendo in tale modo alle Parti Sociali di adeguare i CCNL alla nuova disciplina normativa. Evidenziamo che la data del 30 aprile 2024 deve intendersi quale termine ultimo e perentorio per la stipula del contratto di lavoro a tempo determinato, la cui durata, pertanto, potrà andare oltre tale data.
Il Decreto Lavoro, al fine di uniformare il regime delle proroghe e dei rinnovi, ha modificato l’art. 21 del D. Lgs. n. 81/15 prevedendo, come noto, che entro i primi 12 mesi a tempo determinato le proroghe e i rinnovi possano intervenire liberamente, senza apposizione di causali.
Sulla distinzione tra proroghe e rinnovi, il Ministero richiama la propria precedente Circolare n. 17 del 31 ottobre 2018, secondo la quale la proroga presuppone che restino invariate le ragioni che avevano giustificato l’iniziale assunzione a termine, pertanto, sempre secondo il Ministero, non è possibile prorogare un contratto a termine modificandone la motivazione perché in tale caso ci si troverebbe dinanzi ad un rinnovo e quindi ad un nuovo contratto di lavoro.
Vista l’attuale equiparazione acausale tra proroghe e rinnovi entro i primi 12 mesi, la differenza sostanziale tra i due istituti rimane solamente la necessità dello stop and go in caso di rinnovo.
Una ulteriore importante novità è stata introdotta durante la fase di conversione in legge del Decreto Lavoro. La legge di conversione, infatti, ha stabilito che ai fini del raggiungimento del limite massimo di 12 mesi acausali si tiene conto unicamente dei contratti di lavoro stipulati a decorrere dal 5 maggio 2023, data di entrata in vigore del decreto.
La previsione normativa, quindi, azzera il conteggio dei 12 mesi acausali per tutti i contratti rinnovati e/o prorogati in corso, stipulati antecedentemente al 5 maggio 2023, fermi restando i limiti di durata massima dei contratti a tempo determinato previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.
Infine, l’ultima rilevante novità introdotta dal Decreto Lavoro, oggetto della circolare ministeriale, è stata la modifica del limite percentuale del 20% di ricorso ai lavoratori somministrati a tempo indeterminato (cd. Staff leasing). Con tale modifica, quindi, è stata disposta l’esclusione dal conteggio del limite del 20% di cui sopra delle categorie di lavoratori di seguito elencate:
a) lavoratori privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;
b) lavoratori età compresa tra i 15 e i 24 anni;
c) lavoratori sprovvisti di diploma di scuola media superiore o professionale;
d) lavoratori sopra i 50 anni di età;
e) lavoratori adulti che vivono con una o più persone a carico;
f) lavoratrici occupate in settori con tasso di disparità uomo-donna superiore al 25%;
g) lavoratori appartenenti a minoranze etniche UE;
Oltre ai casi di cui sopra, sono esclusi dal conteggio del limite del 20% anche tutti i lavoratori somministrati assunti dall’Agenzia di somministrazione con contratto di apprendistato.
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