Aree interne, il tempo delle scelte. Ezio Rainaldi: "Servono infrastrutture, competenze e una visione condivisa".
- Confindustria L'Aquila
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Alessio Ludovici per L’Aquila Blog intervista il presidente Rainaldi.
Le aree interne continuano a perdere giovani, competenze, possibilità. Ma ci sono voci che chiedono di fermare l’emorragia con azioni concrete, coordinate, lungimiranti. Ezio Rainaldi, presidente di Confindustria L’Aquila Abruzzo Interno, rappresenta il mondo produttivo di un territorio, quello della provincia dell’Aquila, che non vuole arrendersi alla marginalità. Dalle sfide della transizione green alla necessità di trattenere talenti, fino alla proposta di una politica industriale dedicata: ecco la sua visione.
Presidente Rainaldi, come stanno oggi le imprese locali?
«Sono chiamate ad affrontare sfide molto impegnative. Devono innovare, adeguarsi alla transizione ecologica, aumentare la sostenibilità dei processi. Ma farlo in un’area interna è più complicato: c’è un deficit infrastrutturale storico, che ci rende marginali rispetto ai poli più collegati. E poi mancano competenze, manca forza lavoro giovane. È difficile restare competitivi senza strumenti adeguati».
La “fuga dei cervelli” è ormai una costante. Che effetti ha sul tessuto produttivo?
«Enormi. Perdere giovani qualificati vuol dire perdere futuro. Ma non basta denunciare il problema: serve una strategia strutturata, a medio e lungo termine. La politica e le istituzioni devono lavorare insieme per invertire l’emorragia demografica e favorire il ripopolamento dei piccoli centri. Una delle proposte che faccio è questa: incentivare economicamente le start-up avviate da giovani nei territori interni, in connessione con l’Università dell’Aquila, il GSSI, i Laboratori del Gran Sasso. Abbiamo asset scientifici e culturali importanti: vanno messi a sistema per creare occupazione di qualità».
Cosa serve, in concreto, per trattenere le nuove generazioni?
«La qualità della vita è un fattore chiave, ma non basta. Serve un ripensamento delle periferie urbane nate dopo il sisma, e un piano per incentivare chi decide di abitare e investire nei piccoli centri. Dobbiamo favorire il ripopolamento, ad esempio con agevolazioni per l’acquisto o la ristrutturazione di immobili nelle frazioni, insieme a una rete di servizi efficiente. Solo così i giovani possono scegliere di restare o tornare».
Il legame tra formazione e impresa funziona?
«Non abbastanza. Le imprese hanno bisogno di personale formato, con competenze specifiche. Una proposta concreta su cui insisto è questa: introdurre incentivi per le aziende che assumono giovani residenti nella stessa provincia in cui hanno sede. È un modo per creare un impatto immediato sul territorio, e dare un segnale forte. Finora abbiamo investito molto sugli edifici e poco sulle persone. Ora dobbiamo invertire la rotta».
Quali settori produttivi possono trainare lo sviluppo di queste aree?
«Non credo in una sola vocazione economica. Non possiamo affidarci solo all’industria, o solo al turismo. Dobbiamo creare un ecosistema integrato che valorizzi l’agricoltura sostenibile, il digitale, la green economy, l’innovazione tecnologica. Il punto è fare sistema, unire le forze. Solo così possiamo colmare il ritardo accumulato rispetto ad altri territori».
Le imprese locali sono pronte a raccogliere queste sfide?
«Molte sì, e ce ne sono di eccellenti. In provincia dell’Aquila operano gruppi importanti nei settori farmaceutico, aerospaziale e della ricerca. Queste realtà possono trainare anche le PMI, se si rafforzano le collaborazioni con università e centri di ricerca. Come Confindustria stiamo spingendo molto in questa direzione: servono reti, contaminazioni, progetti comuni».
La qualità della vita può essere un elemento di rilancio?
«Senza dubbio. Abbiamo un territorio vivibile, a misura d’uomo. È un punto che gioca a nostro favore, ma bisogna costruire attorno una rete moderna. Propongo, ad esempio, la creazione di campus universitari utilizzando una parte del Progetto Case, e una migliore connessione tra le frazioni e le aree industriali. Inoltre, dobbiamo riportare la cultura nel cuore delle città: teatri, cinema, spazi espositivi. Perché la vivibilità passa anche da lì».
Infrastrutture: da dove ripartire?
«Dai collegamenti fondamentali. Il collegamento veloce Pescara-Roma è strategico, ma da solo non basta. Serve anche una bretella che migliori i tempi di percorrenza tra L’Aquila, Avezzano e la Valle del Salto, oltre a interventi sulla viabilità verso la costa. Siamo isolati, e questo frena lo sviluppo industriale e sociale. È una priorità che richiede scelte politiche coraggiose».
Cosa chiedete oggi alla politica nazionale e regionale?
«Una politica industriale vera, disegnata per le aree interne. Non bastano misure generiche. Servono investimenti sulla formazione, sulla scuola, sulle competenze, per rispondere alle nuove esigenze del lavoro. E serve un impegno concreto per migliorare i servizi essenziali e contrastare il declino demografico delle aree interne. Come Confindustria siamo pronti a collaborare: ma è il momento di passare dalla fase degli annunci a quella delle azioni».
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